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Nell’ambito della gestione delle associazioni, degli enti del terzo settore e del no profit in generale, la possibilità di riconoscere compensi e corrispettivi ad amministratori, associati ed organi sociali, a fronte del loro impegno profuso nella gestione e nell’organizzazione delle attività, è uno degli aspetti più delicati e che richiedono maggior attenzione.
Infatti, uno dei principi cardine della disciplina che regola gli aspetti giuridici e fiscali degli enti associativi, è il divieto di distribuire utili ed avanzi di gestione tra i soci. Tale principio, trova il suo fondamento in quanto disposto dal TUIR (Testo Unico delle Imposte Sui Redditi) agli articolo 143 e seguenti (Enti Non Commerciali Residenti) che dispone per gli enti senza finalità di lucro, “il divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge”. Ciò significa che non è ammessa la corresponsione di somme di danaro ai componenti del Consiglio Direttivo e ai Soci per il semplice titolo o posizione che essi ricoprono.
Diversamente, nulla vieta che tali soggetti possano ricevere un compenso per le attività che effettivamente prestano a favore dell’ente, nel rispetto di quanto stabilito dalla stessa disciplina sugli enti no profit e da quanto eventualmente previsto dallo statuto e dal regolamento dell’associazione.
Premesso ciò, l’aspetto problematico che emerge da quanto esposto riguarda la dimostrabilità che tali compensi siano riconducibili alle attività effettivamente svolte dai componenti del Consiglio Direttivo e dai Soci a favore dell’Ente, e che non siano esclusivamente giustificati dalla carica o dalla posizione da essi ricoperta all’interno dell’Associazione\Comitato. Sarà quindi necessario motivare gli incarichi in base alle concrete esigenze di gestione dell’ente, esigenze che dovranno essere esplicitate.
Come regola generale, i compensi dovranno sempre essere, sotto l’aspetto quantitativo, proporzionali all'attività svolta, all’impegno profuso, alla responsabilità, all'ampiezza della base sociale e al volume delle entrate dell'associazione\comitato. In mancanza di una regola univoca determinata dal legislatore, la situazione andrà sempre valutata in concreto. Un parametro a cui fare riferimento è quanto stabilito dall’articolo 8 dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 3 luglio 2017 n.117) per cui “si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione (e quindi vietata):
- la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
- la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale;
- l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale;
- la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento.”
Si conferma quindi la possibilità di riconoscere corrispettivi ai componenti del Consiglio Direttivo, esclusivamente per le attività effettivamente svolte a favore dell’ente associativo. In tal caso dovranno essere adottate le seguenti procedure:
- il compenso dovrà essere approvato con deliberazione del Consiglio Direttivo. Il verbale di Consiglio Direttivo dovrà inoltre motivare la necessità dell’incarico e descrivere i compiti e le mansioni dell’interessato;
- i compensi dovranno essere sempre proporzionati all’attività svolta, alle ore impegnate, alla responsabilità e alle competenze dell’interessato. Dovranno quindi essere somme coerenti con i “valori di mercato”, cioè con i compensi normalmente riconosciuti per le stesse attività nel settore pubblico e privato;
- le attività svolte dall’interessato nel corso dell’anno dovranno essere documentate e descritte nel rendiconto annuale e nell'allegato bilancio di missione, che dovranno essere approvati dall’assemblea dei soci.
Per il corretto inquadramento contrattuale e retributivo, che dipende dal numero di ore dedicate dall’interessato, dall’ammontare del corrispettivo riconosciuto, dalla situazione reddituale e lavorativa dell’interessato, si rinvia ad un parere di un consulente del lavoro o di un esperto in tale materia.
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avv. Nicola Ferrante (aggiornato al 2025)
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