Molte associazioni ritengono che l’attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici sia accessoria e complementare alle attività volte alla completa realizzazione degli scopi istituzionali.
Le norme che trattano di tali attività sono il T.U.I.R., il nuovo Codice del Terzo Settore e la Legge IVA 633/1972.
La normativa fiscale prevede che non siano imponibili le prestazioni effettuate in conformità alle finalità istituzionali delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, anche se eseguita verso il pagamento di corrispettivi specifici o contributi supplementari, nei confronti dei propri soci o associati.
Si presuppongono invece imponibili determinate attività, tassativamente indicate, considerate commerciali, indipendentemente da chi le eserciti, tra le quali l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici e prestazioni alberghiere o di alloggio.
L’attività d’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici è, quindi, attività commerciale.
Il Terzo Settore è il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi.
Gli Enti del Terzo Settore possono avvalersi di lavoratori subordinati e volontari nello svolgimento delle proprie attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.
Si definisce professione non organizzata in ordini o collegi quell’attività economica diretta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi.
La professione è esercitata in forma individuale, associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente. Ai professionisti, anche se associati, non è consentito l’esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale.
I professionisti in esame possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e a tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.
Un’associazione può avere con i propri collaboratori qualsiasi tipo di rapporto di lavoro autonomo o subordinato.
Si definisce lavoratore la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione.
Ogni lavoratore, anche quello impegnato in un ente no profit, è soggetto agli obblighi relativi alla sicurezza ex D.lgs. 81/08; sono equiparati al lavoratore anche i volontari ed i percettori di redditi diversi.
Le organizzazioni che impiegano meno di dieci lavoratori non possono più procedere alla valutazione dei rischi tramite autocertificazione, ma dovranno avvalersi delle procedure standardizzate di cui al Decreto Interministeriale del 30/11/2013.
Le associazioni che intendono somministrare alimenti e bevande (analcoliche, alcoliche, superalcoliche) devono richiederne l’autorizzazione al Comune.
Il rilascio delle autorizzazioni è subordinato unicamente al possesso da parte del richiedente di alcuni requisiti:
Nel caso di associazioni che svolgono la loro attività a favore unicamente dei loro soci, il rilascio delle autorizzazioni alla somministrazione di alimenti e bevande non è subordinato a valutazioni tecniche di tipo discrezionale oppure vincolate al rispetto di limiti e/o contingenti complessivi.
Una volta che l’associazione abbia presentato domanda volta al rilascio delle autorizzazioni, il Comune ha un termine di 60 giorni per rifiutare la domanda con motivazione, se ciò non accade opera il silenzio assenso della P.A.: sono cioè concesse le autorizzazioni.
Come si richiedono, nella pratica, tali autorizzazioni?
Vi sono delle attività o delle forme d’intrattenimento per le quali si richiedono autorizzazioni e licenze differenti e svincolate rispetto a quelle previste per la somministrazione di alimenti e bevande all’interno di una ASD.
Nell’ambito dell’associazionismo sportivo dilettantistico è spesso dubbio a chi si debba richiedere una certificazione medica che attesti il buono stato di salute e l’idoneità allo svolgimento di attività e corsi.
In merito, si devono distinguere i tesserati in base al tipo di attività svolta:
➢ I tesserati che svolgono attività sportive regolamentate hanno l’obbligo del certificato d’idoneità non agonistico. Fanno parte di tale categoria tutte le persone fisiche tesserate in Italia, non agoniste, che svolgono attività organizzate dal CONI, da SSD o ASD affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate ed agli Enti di Promozione Sportiva;
➢ I tesserati che svolgono attività sportive che non comportano impegno fisico non sono tenuti all’obbligo di certificazione sanitaria, ma si raccomanda, in ogni caso, un controllo medico prima dell’avvio dell’attività sportiva. Fanno parte di tale categoria tutte le persone fisiche tesserate in Italia, non agoniste, che svolgono attività organizzate dal CONI, da SSD o ASD affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva, caratterizzate dall’assenza o dal ridotto impegno cardiovascolare (Es. Biliardo Sportivo, Golf, Scacchi, ecc…).
➢ I tesserati che non svolgono alcuna attività sportiva (non praticanti) non sono sottoposti ad alcuna certificazione sanitaria. Fanno parte di tale categoria le persone fisiche che sono state dichiarate “non praticanti” dalle Federazioni Sportive Nazionali, dalle Discipline Sportive Associate e dagli Enti di Promozione Sportiva, anche per il tramite di SSD o ASD di affiliazione. La qualifica di “non praticante” deve esser espressa all’atto del tesseramento con inserimento di una categoria appositamente istituita dal soggetto tesserante.